"UOMO e OGGETTO. Due POLI. Quasi ostili. Comunque estranei l’uno all’altro. L’uomo tenta di comprendere l’oggetto, di “toccarlo” di farlo “suo” (ciò si chiama appropriazione). Ci deve essere un legame stretto quasi biologico tra l’attore (uomo) e l’oggetto. Devono essere inseparabili. Nel più semplice dei casi l’attore deve fare di tutto affinché l’OGGETTO sia VISIBILE, affinché esista; nel caso più radicale l’attore con l’oggetto devono costituire un unico organismo. Ho dato a questo casus il nome di BIO-OGGETTO".
LE UNITÀ DI ARREDO.
Mobili "che contengono", mobili "che sostengono" in lamiera di ferro tagliata a laser.
LA FUNZIONE RITUALIZZATA
La linea di
Unità di Arredo rappresenta
un primo risultato di una riflessione teorica sulla natura,
oggi, degli elementi di arredo. Tale ricerca assume come principio
fondativo della riflessione l’intenzionalità, tutta progettante,
di considerare l’atto quotidiano dell'utilizzo degli oggetti,
secondo un principio di permanente allestimento di questi.
La definizione di Unità di Arredo è portatrice in sé di
un valore progettuale che tiene conto, a partire dal concetto
di Raggruppamento, di Brechtiana memoria, della sua qualità
spaziale, del suo "posizionamento" e, di conseguenza, della
qualità di relazione con l’uomo rispetto al principio, assunto
fondativo del processo di progetto, della funzione ritualizzata.
Una funzione che estende la propria capacità di dimensionare
l’oggetto oltre i dettami dell’antropometria e dell’ergonomia,
della manualistica di settore. Una funzione che si rigenera
nel concetto di cerimoniale, dove il dato quantitativo, che
rimane sempre il punto di partenza, è successivamente ampliato
con il dato che riguarda la ritualizzazione "del gesto" stesso
che sottende il valore d’uso dell’oggetto.
«…Una raffigurazione
teatrale del soggetto, nello stesso modo in cui in Giappone
i cerimoniali sono, in piccolo, una delicata rappresentazione
delle comuni occupazioni e dei rituali quotidiani. Ne è un esempio
la cerimonia del tè, che è il modo più elegante e perfetto di
preparare e di servire una tazza di tè…» (F.L.Wright).
Un
gesto teatralizzato elevato ad opera d’arte e svincolato da
una semplice contingenza quotidiana che porta l’uomo ad istaurare
con gli oggetti una relazione maggiormente organica. Il raggruppamento
brechtiano, infatti, contempla la presenza e la relazione tra
soggetto (attore) ed oggetto (di scena) che definiscono appunto
una unità. Il rapporto uomo - oggetto si arricchisce di ulteriori
significati nella prospettiva in cui anche i semplici gesti
quotidiani possono essere elevati ad opera d’arte e, come direbbe
Peter Brook, "…il minimo gesto è studiato per eliminare quanto
è banale e volgare". Questo approccio prevede un processo che,
armoniosamente, integra il valore d’uso dell’oggetto ma che
altrettanto armoniosamente consente all’oggetto stesso di manifestare
il proprio senso. Parlo infatti di un passaggio dall’ergonomia
al "gesto", dalla funzione al "cerimoniale". Non un mobile "contenitore"
ma un mobile "espositore" non solo degli oggetti di corredo
ma anche di se stesso anche al di là della sua dimensione funzionale,
in relazione al principio ordinatore espresso all’inizio della
ritualizzazione della funzione.
La produzione di mobili in lamiera tagliata a laser, però, al di là dell’innovazione tecnologica del materiale utilizzato, vuole essere portatrice, soprattutto, di valori che sottolineano la loro discendenza dal TIPO. La classificazione in “mobili che contengono” e “mobili che sostengono” è indicativa della volontà tutta progettante di sperimentare una sottile “ricucitura” tra una metodica che trova nella modellazione di un materiale (l’acciaio) la sua forma espressiva, ed una metodica che trova nell’analisi delle parti del mobile, nella storia del mobile quindi, regole e codici espressivi da predisporre, però, alla modellazione stessa.
In questa sperimentazione
la scelta di tipi come il guardaroba, la cappelliera, il tavolino
per tè, il baule da viaggio, lo scrittoio, è stata dettata da
un lato, dalla volontà di sperimentare alcuni temi compositivi
inerenti i mobili "contenitori" e "sostenitori" e la loro possibilità
di rigenerarsi in mobili “espositori” e dall’altro, dalla curiosità
di sperimentare le possibilità comunicative ed espressive degli
arredi nel configurare con lo spazio particolari relazioni plastiche.
"Le quantità" prendono le distanze dalla loro semplice natura
numerica, per caricarsi di significato di poesia e liricità.
Le Unità tendono ad assumere quindi il ruolo di "attrezzi",
sia per la loro componente funzionale di lecorbusiana memoria
sia per la loro componente "teatrale" simbolica di schlemmeriana
memoria.